Per educare un bravo pappagallo domestico non e' affatto necessario che sia stato allevato a mano!
Storia di Jack Sparrot, un pappagallo ara cresciuto dai genitori, raccontata nei dettagli dal suo fiero proprietario Jack Zuppego.
Storia di Jack Sparrot, un pappagallo ara cresciuto dai genitori, raccontata nei dettagli dal suo fiero proprietario Jack Zuppego.
STORIE DI BRAVI PROPRIETARI
Tempo fa, quando convivevo, la mia
compagna ed io stavamo pensando di adottare un animale domestico; lei gattara,
io pappagallaro ci accordammo
sul cane. Innamorati entrambi
del pastore tedesco eravamo consapevoli che non avremmo mai potuto
sopperire alle sue esigenze vivendo in un appartamento di 60mq e, inoltre,
lavorando entrambi non saremmo riusciti a garantirgli una qualità di
vita adeguata senza recare disturbo a qualcuno. La storia va in crisi e
io inizio nel mio subconscio a realizzare la possibilità di introdurre
in casa per davvero un animale, mi informo quanto più possibile sul
bulldog francese che adoro, ma mi rendo conto che, per quanto piccolo
come taglia, anche lui ha bisogno di uscire almeno 5 volte al giorno, e
io non me la sento di abituarlo a sporcare in casa in una cassettina;
quindi inizio seriamente a pensare ad un mio vecchio desiderio:
un’ara.
Prima di tutto prendo quante più informazioni possibili sulla
specie, sulle abitudini ed esigenze (spazi, compagnia, ecc ecc) e
capisco che, con la vita che faccio, non potrei prendere un allevato a
mano in quanto ha necessità costante del contatto umano. Mi metto quindi
a cercare un riproduttore. Non è stato semplice, tutti o quasi quelli
che trovavo erano già adulti oppure erano da prenotare sulla base di
presunte future covate. Inizialmente non mi era molto chiaro quale ara
volessi, chloroptera, macao, ararauna non importava molto, importava
portare a casa un amico che non mi avrebbe lasciato per un capriccio.
Tra le mille telefonate e ricerche incappo nel sito di un negozio "vicino" che ha delle ararauna disponibili. Chiedo se ce ne sono non
allevate a mano, mi dà la conferma allora lo “fermo” con la promessa che
il sabato sarei andato a prenderlo.
Nel frattempo la
fidanzata “parte” per la tangente, così io il sabato vado a vedere questo
ararauna selvatico di 7 mesi. Ero ancora molto indeciso nel tragitto perchè sapevo quale fosse la responsabilità
che sarei andato a prendermi. Una volta arrivato mi guardo intorno, ci
sono esemplari molto belli di allocchi, gufi, aquile, tartarughe, ma di
pappagalli nemmeno l’ombra. Trovo una che lavora lì, do il nome e dico
che ho prenotato (termine infelice che mi provoca fastidio) un ararauna; mi
accomapagnano in un capanno di cemento con il tetto in ondolux (hai
presente quei pannelli verdi di plastica tutti ondulati? ecco, quello è
l’ondolux) dove c’è il piccolo Jack ancora senza un nome. Gabbia tonda, coda che esce per quasi la metà, fondo sporco, sulla
griglia che separa dal fondo c’è una ciotola con mezza mela morsicata,
mezza carota di almeno tre giorni, insalata che sicuro ha visto tempi
migliori, semi di girasole e acqua giallognola. Non è tanto il degrado
in cui è tenuto il pappo quanto la compagnia che l’allevamento ha scelto
per alloggiarlo , tutti i suoi
compagni di (dis)avventura sono rapaci, gufi, falchi,
corvi (corvi?????), un topolino passa di corsa, un piccolo maiale
indiano pascola tra la gente. Non ho battuto ciglio, dovevo portarlo via
da lì!
Non avevo ancora attrezzature perchè, nell’indecisione iniziale non avevo certo pensato alla gabbia, avevo altri problemi (separazione, trasloco delle cose della fidanzata, sofferenza pesante mia, non ero sicuro di portarlo a casa ecc ecc) quindi ho chiesto il prezzo della gabbia più grande che avevano e l’ho presa: v dovevo alloggiarlo e comunque, sarebbe andata a migliorare la qualità della sua vita. Quando ho dato l’OK per l’acquisto (altro termine che odio parlando di animali) la tipa ha tirato fuori il retino per prenderlo. Me ne sono andato per non sentirlo gridare. ma non è servito, l’ho sentito eccome; il cuore mi si è stretto addosso. L’hanno messo in un trasportino che in realtà era una gabbia per conigli ricoperta di cartone mentre lui era all’interno, per fondo un materiale non meglio specificato sul quale hanno svuotato il contenuto della ciotola (come se in auto il pappagallo mangiasse).
La
scelta di adottare il piccolo Jack è stata di impulso perche' era fondamentale portarlo via dal posto in cui stava.Non avevo ancora attrezzature perchè, nell’indecisione iniziale non avevo certo pensato alla gabbia, avevo altri problemi (separazione, trasloco delle cose della fidanzata, sofferenza pesante mia, non ero sicuro di portarlo a casa ecc ecc) quindi ho chiesto il prezzo della gabbia più grande che avevano e l’ho presa: v dovevo alloggiarlo e comunque, sarebbe andata a migliorare la qualità della sua vita. Quando ho dato l’OK per l’acquisto (altro termine che odio parlando di animali) la tipa ha tirato fuori il retino per prenderlo. Me ne sono andato per non sentirlo gridare. ma non è servito, l’ho sentito eccome; il cuore mi si è stretto addosso. L’hanno messo in un trasportino che in realtà era una gabbia per conigli ricoperta di cartone mentre lui era all’interno, per fondo un materiale non meglio specificato sul quale hanno svuotato il contenuto della ciotola (come se in auto il pappagallo mangiasse).
Esperienze
precedenti con altri pappagalli? Si, ho avuto un amazzone fronteblu per 24 anni. Non la
considero un’esperienza da curriculum perchè comunque è arrivato che io ero
molto piccolo (8 anni) e siamo quindi cresciuti insieme. Molti errori
sono stati fatti con questo pappagallo; vuoi perchè non c’era internet
per reperire informazioni, vuoi perchè ero ragazzino ed i miei erano
abituati a canarini in voliera (senza quindi le cure dedicate ai pet);
il pappagallo è stata l’alternativa al cane che desideravo. Non era
allevato a mano, anzi, non era nemmeno selvatico secondo i canoni
standard, è un IMPORTATO, ovvero preso (che schifezza, tornassi indietro
mai e poi mai nella vita) dal nido (allora era permesso), infatti non
ha cites ma documento che attesta il trasferimento di proprietà, zero
anelli, men che meno microchip; fortunatamente i pappagalli sono dotati
di una sensibilità che noi umani manco ci sogniamo, e si è adattato
ottimamente alla vita domestica (adesso, 25 anni, la gabbia non viene
mai chiusa, se non di notte, solo perchè si intuisce che si sente più
sicuro); giri in bici e passeggiate in spalla erano (e sono, quando
posso) all’ordine del giorno ed è diventato il vero padrone di casa.
Da questa esperienza e grazie al fatto che mi sono
documentato ho adottato il piccolo Jack.
L'arrivo
a casa è stato per lui un trauma ma anche un sollievo enorme. Ci ha messo quasi 24
ore a passare dal trasportino alla gabbia nuova. Non volevo forzarlo, le
ho messe con le aperture adiacenti e ho lasciato fare a lui. Credo che la
sua sensibilità abbia fatto il resto del lavoro, come se avesse
percepito che in quel periodo avevo estremo bisogno di lui, già alla
sera si faceva grattare la testa, senza mai tentare una beccata
"cattiva", il giorno dopo, grazie ad un'arachide è uscito e rientrato
nella gabbia senza fare storie, da allora in poi possiamo considerarla
routine!
Questo significa che sono stato molto fortunato,
ricordo quanto tempo ci mise l'amazzone ad avvicinarsi, a fidarsi.
Ogni pappagallo è a sè, probabilmente io e Jack ci siamo trovati al
momento giusto, non mi dò altra spiegazione. In più posso descriverti il
comportamento durante la mia assenza che è costante da quando è a casa.
Grazie ad una telecamera di sicurezza remota io ho la possibilità di
guardarlo mentre non ci sono; l'ho montata più che altro per capire che
livello di disturbo potesse recare al vicinato (sono in condominio e
un'ara non è una cocorita, quando grida...grida!!!!). Alla mattina
scende subito a mangiare la cucchiaiata di semi, poi sgranocchia un
pochino di frutta e si mette a riposare per un'oretta, un'oretta e
mezza, proprio con la testa girata per dormire. Quando si sveglia,
sgranocchia i legnetti che ha a disposizione per giocare, se la prende
con la corda a spirale rigida e parlotta con la radio che lascio accesa.
Avendo una casa con scarsa esposizione solare, ho anche una lampada
collegata ad un timer che gli accende la luce poco prima del tramonto in
modo che resti attivo fino al mio arrivo. La sua giornata trascorre più
o meno tutta così. Cibo, giochi, riposino. Sono molto rare le urla,
solo alla mattina o prima di addormentarsi per i pisolini diurni, e
comunque non tutti i giorni, dipende da come gli gira.
Alla
sera, quando sono a casa, la gabbia viene aperta e lui sta accanto al
divano. In realtà preferisce stare appollaiato sulla mia spalla
sinistra, anche per sprimacciarsi il piumaggio, quando deve fare la popò
mi da dei pizzichi all'orecchio, io capisco, lo metto sul suo trespolo,
lui la fa e poi insiste per risalire sulla spalla fino a che non inizia "fai la nanna, fai la nanna, fai la nanna" che allora
lo rimetto in gabbia e lo copro a metà fino a che non vado a letto anche
io che lo copro completamente ed oscuro le finestre.
Non ho mai avuto paura di essere beccato! E' capitato, ma mai con
cattiveria. Più che beccate ho preso morsi, mentre si fa grattare la
testa lui con la linguetta cerca sempre il contatto, allora ogni tanto
capita che non riesci a togliere il dito tempestivamente e lui stringe
un pochino, e fa male, certo, ma si capisce che non è un'azione di
attacco ma una reazione di eccitazione e confort, come quando giochiamo.
Jack è molto collaborativo
nel seguire i comandi semplici tipo "su" , "giù", "vieni qui" e quando
non ci arriva uso il rinforzo positivo. Gli mostro un'arachide e lui sa
che il modo per gustarla è fare quello che gli sto chiedendo. Sto
cercando da sempre di usare lo stesso metodo per infilargli la pettorina
ma non sta funzionando. Sono giunto alla conclusione che la pettorina,
anche se è stata acquistata seguendo le indicazioni di "taglia", è
troppo stretta di collo e gli crea enorme fastidio quando passa attorno
alla testa, soprattutto quando arriva all'altezza degli occhi. Infatti
non se l'è mai fatta mettere, io sto insistendo più che altro per
evitare che ci giochi con la pettorina, in attesa di acquistare la
misura più grande. Il fatto che non ho avuto grosse difficoltà lo si
deve, secondo me, alla sua indole collaborativa e socievole che lo porta
a fare di tutto pur di starmi vicino ed e' un'enorme fortuna ancor prima
che alla mia pazienza ed abilità, di questo ne sono praticamente
sicuro.
Chiaramente un pappo di questa taglia comporta qualche sacrificio. Perde piume e la "polverina" delle penne è spesso tanta e di "grana grossa", la scopa va passata 700 volte al giorno e spesso non basta. Il trasporto implica l'avere un'auto adatta oppure, come nel mio caso, va smontato il sedile del passeggero (ho un cabrio 2 posti). Richiede molta, moltissima attenzione, è quasi morboso e si agita se cambio stanza, non smette di chiamarmi fino a che non mi vede. Ad un inesperto o a chi ha voglia di fare un regalo al figlio consiglio di orientarsi su qualcosa d'altro, le are, specie se non allevate a mano, se si arrabbiano sanno far male sul serio. Poi ci sono i costi di gestione, alla fine mangia non poco e trita legno come se non ci fosse un domani, una cinquantina di euro al mese per farlo giocare ho calcolato che va messa in conto.
Ma se guardiamo quanto
affetto riesce a restituire allora il discorso cambia. Vedere come fa su
e giù con la testa mentre mi tolgo il giubbotto appena sono arrivato a
casa, vedere che se vado in bagno me lo ritrovo appeso alla gabbia che
mi aspetta, sentire che mi chiama mentre faccio la doccia o cucino sono
cose che mi riempiono il cuore quotidianamente e sotto quell'aspetto si
che lo consiglierei, ma comunque sempre e solo a gente che sa cosa
significa avere un pappagallo; che sia consapevole che il pappagallo non
è bello perchè è colorato e parla, è bello perchè è un gregario
formidabile, di un'intelligenza superiore e che dona amore
incondizionato alla sua controparte umana.
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